Ministero Sviluppo Economico Dipartimento Armi Chimiche

CENNI STORICI SULL'UTILIZZO DELLE ARMI CHIMICHE

 

Il primo esempio nell’era moderna di utilizzazione per scopo bellico di sostanze chimiche si può far risalire alla prima guerra mondiale. Contrariamente a quanto si crede, furono i francesi che nell’agosto del 1914, a guerra appena iniziata, lanciarono sul nemico granate contenenti alfa bromo xylene una sostanza ascrivibile più alla classe dei gas antisommossa che non alle vere e proprie armi chimiche.

Fu tuttavia l’esercito tedesco a condurre studi sistematici sullo sviluppo delle armi chimiche e ad iniziarne l’utilizzo già nell’ottobre nel 1914 contro i francesi e, sul fronte orientale nel gennaio 1915 contro le truppe russe. In entrambi i casi si trattava di gas antisommossa che provocavano violenti attacchi alle vie respiratorie.

Battaglia di Ypres dipintoNell’aprile del 1915, durante la seconda battaglia di Ypres i tedeschi usarono per la prima volta una sostanza chimica di elevata letalità: il cloro. Le forze alleate risposero nel settembre con la stessa sostanza in una continua escalation tra le due parti.

Entrambe le parti passarono successivamente all’uso del fosgene. Per quanto più letale del cloro il fosgene aveva un elemento “negativo” sul piano bellico in quanto i suoi effetti, anziché immediati come nel caso del cloro e, più tardi, dei gas vescicanti, erano spesso dilazionati nel tempo dando talvolta i sintomi di avvelenamento fino a 48 ore dopo l’inalazione della sostanza.

Fu sempre la Germania a sviluppare per prima un prodotto dalle prestazioni più “soddisfacenti” in termini di effetti sulle truppe nemiche: il gas mostarda: un vescicante che venne utilizzato per la prima volta nell’Ottobre del 1917 nella terza battaglia di Ypres (da cui prese il nome universalmente conosciuto di Iprite) e, nel settembre dello stesso anno, contro le truppe russe a Riga. Come nei primi anni di guerra, le forze alleate (Francia ed Inghilterra) non esitarono ad intraprendere la stessa strada facendo largo uso di gas mostarda fino alla fine delle ostilità.

Alla fine del conflitto la Germania risultò essere stata la prima utilizzatrice di gas tossici con 68.000 tonnellate, seguita dalla Francia (36.000 tonnellate) e dall’Inghilterra (25.000 tonnellate); i morti furono circa 100.000 (più della metà sul fronte russo) oltre ad un milione di invalidi, spesso inabili alla vita civile.

Per quanto nel quadro globale della perdita di vite umane registrato durante le ostilità il contributo delleMaschere antigas armi chimiche fosse stato limitato, tuttavia il loro utilizzo destò nell’opinione pubblica tale orrore e disgusto da indurre molti paesi a firmare il 17 Giugno del 1925 il Protocollo di Ginevra che proibiva l’uso delle armi chimiche e batteriologiche. Il Protocollo, entrato in vigore l’8 Febbraio 1928, proibiva l’uso di armi chimiche e batteriologiche, ma non ne vietava la produzione, lo stoccaggio ed il trasferimento, né, tantomeno, prevedeva alcuna forma di controllo. Inoltre alcune nazioni avanzarono delle riserve specificando che il divieto di utilizzare armi chimiche e batteriologiche aveva validità limitatamente ai paesi firmatari e non verso parti terze, e che comunque in caso di aggressione dall’esterno ogni paese aveva il diritto di rispondere con gli stessi mezzi.

Nel periodo tra le due guerre le armi chimiche furono usate sporadicamente: nell’attuale Irak le forze britanniche ne fecero uso nel 1920 per sedare una rivolta delle popolazioni arabe e curde della Mesopotamia; l’Unione Sovietica le utilizzò nel 1921 per stroncare una rivolta di braccianti, nel Marocco Spagnolo durante la seconda guerra del Rif (1921-1927), la Spagna utilizzò contro le tribù berbere gas mostarda; egualmente fece l’Italia nella guerra d’Abissinia (3/10/1935-9/5/1936).

Il secondo conflitto mondiale non vide sul fronte occidentale l’uso di armi chimiche; l’unico episodio di un presumibile attacco con gas mostarda si deve attribuire agli Stati Uniti, ma il loro effettivo utilizzo non ebbe mai luogo in quanto la nave (USS John Harvey) che trasportava gli ordigni fu affondata dall’aeronautica tedesca appena giunta nel porto di Bari (1943). Diversamente sul fronte orientale, durante il secondo conflitto tra Cina e Giappone (1937-1945), le forze imperiali giapponesi utilizzarono armi chimiche e biologiche contro il nemico.

Dopo la guerra, fatta accezione di un attacco con gas tossici effettuato dagli egiziani contro lo Yemen nella meta degli anni ’60, non si registrò alcun episodio fino ad arrivare alla guerra tra Irak ed Iran ((22 Settembre 1980-20 Agosto 1988) quando l’Irak fece un uso massiccio di armi chimiche.

Frattanto nel 1960 si era riproposto alla Conferenza del disarmo di Ginevra il problema delle armi chimiche e biologiche. I lavori della Conferenza furono completati nel 1971 con la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo della produzione e dello stoccaggio delle armi chimiche e batteriologiche (Biological Weapons Convention o “BWC”). Tuttavia la Convenzione, aperta alla firma nel 1972 ed entrata in vigore nel 1975, non prevedeva ancora alcuno strumento per verificare l’effettiva adozione dei principi dettati dalla Convenzione da parte degli stati firmatari.

I negoziati per rendere più incisivi i principi sanciti dalla Convenzione proseguirono per tutti gli anni ’70 e, nel 1980, fu creato un gruppo ad hoc con lo specifico mandato di arrivare alla formulazione di un testo per la messa al bando delle armi chimiche dove l’elemento centrale avrebbe dovuto essere la possibilità di effettuare quei controlli che costituivano il salto di qualità per passare da una pura dichiarazione d’intenti, come si era visto in passato, ad una effettiva volontà di disarmo con tutti gli obblighi conseguenti. Inoltre il concetto di “controllo” non si limitava all’”arma chimica” pronta per l’uso, ma comprendeva anche le sostanze, e per certi versi le attrezzature, necessarie per ottenere il “prodotto finito”.

L’obiettivo era molto ambizioso e le procedure furono molto lunghe e sofferte; per la prima volta l’argomento non era limitato alla sola sfera politica ma doveva superare la diffidenza dell’industria chimica, tradizionalmente gelosa dei propri processi, che avrebbe dovuto aprire le porte dei propri stabilimenti e subire ispezioni da parte di un ente sovranazionale.

Attacco HalabjaLa guerra tra Iran ed Irak, e l’uso che l’Irak fece dal 1983 in poi del gas mostarda e dei gas nervini. contro le truppe iraniane fino a culminare nell’attacco alle popolazioni curde civili nel Marzo 1988 (massacro di Halabja), ebbero una tale risonanza sui media da determinare un’accelerazione dei negoziati per arrivare alla stesura di un testo condiviso.

Altri fattori esterni contribuirono a creare un clima favorevole all’iniziativa: nel 1985 su iniziativa del governo australiano fu costituito un gruppo informale di 15 paesi, tra cui l’Italia, conosciuto come “Australia Group” incaricato di prevenire l’esportazione di prodotti (tra i quali un certo numero di sostanze chimiche) e tecnologie suscettibili di un uso illegittimo verso paesi ed aree geografiche considerate “non affidabili”; il 23 Settembre 1989 gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica firmarono un accordo bilaterale che li impegnava alla distruzione dei propri arsenali di armi chimiche; sempre nel 1989 la Francia organizzò una Conferenza dove i circa 150 paesi partecipanti ribadirono l’impegno a non utilizzare armi chimiche ed a provvedere alla loro eliminazione.

Alla fine il testo della Convenzione, che non aveva precedenti in termini di obiettivi e di procedure di controllo e verifica, fu adottato il 3 Settembre 1992 dalla Conferenza sul disarmo di Ginevra ed aperto alla firma a Parigi il 13 Gennaio 1993.

La Convenzione dal titolo “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione” (in sintesi: Chemical Weapons Convention o BWC), costituisce il primo accordo frutto di una negoziazione multilaterale che prevede la distruzione di un’intera categoria di armi sotto il controllo di un ente sovranazionale.

L’entrata in vigore della Convenzione era subordinata (art. XXI) ad una condizione necessaria (non prima di due anni dall’apertura alla firma) e ad un limite variabile dipendente dai processi di ratifica (180 giorni dopo il deposito del 65° strumento di ratifica)[1] .

Il 30 Ottobre 1996 si raggiunse la quota 65 con la ratifica della Convenzione da parte dell’Ungheria; 180 giorni dopo, il 29 Aprile 1997, entrò in vigore la Convenzione.

Il periodo tra l’apertura alla firma (13 Gennaio 1993) e l’entrata in vigore 29 Aprile 1997 fu caratterizzato da una grande attività per creare le procedure organizzative e le infrastrutture necessarie ad affrontare i compiti previsti dalla Convenzione. La città dell’Aja (Olanda) fu scelta come sede centrale della nuova agenzia denominata: Organization for the Prohibition of Chemical Weapons (in sigla OPCW).

Oggi alla fine del 2007 il numero dei paesi che hanno ratificato la Convenzione ha superato quota 180; le dichiarazioni degli stati firmatari hanno permesso di quantificare e controllare l’entità degli arsenali di armi chimiche presenti nel mondo e di controllarne il processo di distruzione; le ispezioni agli arsenali militari ed alle industrie chimiche detentrici di prodotti sensibili si susseguono con cadenza regolare.

Pur nella consapevolezza che qualsiasi strumento può essere suscettibile di miglioramento, si può affermare che, nella sua applicazione, la Convenzione di Parigi abbia raggiunto quei criteri di universalità che sono stati alla base di una ricerca durata quasi un secolo.

 

 

 

[1] L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 18 Novembre 1995; la successiva legge 4 Aprile 1997 ha solo regolamentato alcuni aspetti operativi della legge di ratifica.